Mezzi liberi
Posted: Febbraio 21st, 2013 | Author: Neno | Filed under: Rifiuti Generici | Tags: anonimato, autistici, privacy, propaganda, repressione, rete | 1 Comment »Nel primo articolo che ho scritto per questo blog, accennavo all’importanza di Internet per cercare di oltrepassare il “muro di gomma” della dis-informazione. Se c’è una piccola ambizione di questo blog è proprio quella di sensibilizzare sulla necessità di abbatterlo, quel muro. Ma non vogliamo essere ingenui. Il rischio è quello di idealizzare la rete fino a farne una panacea. E’ una constatazione che può sembrare ridicola, ma è tanto più urgente in un momento in cui forse per la prima volta si sta facendo della rete un elemento politico a tutti gli effetti. Proveremo dunque ad abbozzare qualche riflessione (in questo e in altri post) sul mezzo stesso che ci permette di parlare di Palestina. Saranno per forza di cose spunti piuttosto generali ma, speriamo, in qualche modo utili a suscitare una riflessione.
La frase centrale che ci viene riversata addosso pressoché quotidianamente dai mass media e sulla rete stessa è all’incirca questa: Internet è un mezzo di comunicazione libero. Rivoluzione Verde, Primavera Araba, Occupy Wall Street, Partiti Pirati: i giovani lottano per la libertà principalmente grazie ai social networks. O almeno così si direbbe dando uno sguardo alla retorica dei media mainstream negli ultimi anni: addirittura, all’apice dell’entusiasmo generale, nel 2009 Twitter viene candidato al premio Nobel per la pace (e non certo da un rivoluzionario di professione, bensì da Mark Pfeifle, consigliere del governo Bush). Di qui all’utopismo cibernetico il passo è breve, e sempre più spesso sentiamo tessere le lodi dell’era informatica, della lotta per una democrazia che sarà sempre più diretta, sempre più sotto controllo da parte dei cittadini. Si tratta di lodi totalmente acritiche, che non fanno altro che passare implicitamente lo stesso concetto: Internet è un mezzo di comunicazione libero. Ma quanto senso ha questa definizione?
Un mezzo di comunicazione. La rete è uno strumento che permette di scambiarsi informazioni, e questo sembra lapalissiano. Sorgono però spontanee due osservazioni. Per prima cosa, a livello strettamente pratico, definire la rete “mezzo” dovrebbe logicamente cancellare ogni possibilità di confonderla con una “soluzione” ai problemi. Il che pare ovvio, ma non lo è: i social network “rivoluzionari” tanto esaltati, le mille possibilità di comunicare vengono dipinte come fini a sè stesse (tanto che si parla di “popolo della rete” come di un’entità distinta dal “popolo” reale). Le proteste non si sviluppano allora anche (e solitamente in minima parte) grazie a Twitter, ma finiscono per essere ridotte ad un fenomeno che nasce, cresce e muore su Twitter.
In quanto strumento, la rete è inoltre per prima cosa un sistema fisico. L’ infinità delle possibilità non deve farci dimenticare che la base di Internet è un apparato di hardware (server in particolare) che ha dei costi specifici. Questo blog non è a costo zero. Noi possiamo scriverci perchè il collettivo Autistici Inventati ci concede questo spazio sui suoi server (e lo fa gratuitamente, ma cercando di sopravvivere attraverso le donazioni). Altri fornitori di servizi, certo non mossi da aspirazioni libertarie, possono permettersi di immagazzinare gratuitamente i nostri dati solo grazie alla pubblicità. Di nuovo, sto dicendo ovvietà che è bene mettere in chiaro. Tutto questo rimanda alla seconda parte del problema.
Un mezzo libero. Con queste premesse, è difficile argomentare decentemente la pretesa “libertà” di Internet. E’ senz’altro vero che si tratta di un mezzo di comunicazione collettivo, ma solo nel senso che chiunque vi abbia accesso può effettivamente scambiare dati e informazioni con tutti gli altri utenti. La proprietà effettiva e materiale del mezzo è però piuttosto lontana dall’ essere collettiva, e questo è tanto più evidente da quando la gestione della gran parte delle risorse mainstream è stata accentrata nelle mani di pochi giganti (Google, Facebook). Il problema fondamentale è che chi ha la proprietà dei mezzi si trova in effetti ad avere la proprietà dei dati, con conseguenze sempre più preoccupanti. Risalgono a meno di un anno fa le proposte di legge dell’allora neonato governo Rajoy (Spagna) che vietavano l’organizzazione di manifestazioni non autorizzate tramite i social networks. Ovviamente, questo è possibile solo nella misura in cui il gestore stesso dei dati concede ad un governo di utilizzarli. Ma una volta che i nostri dati sono stati incamerati in un server di proprietà di un gigante commerciale con sede in California, chi ci assicura sul loro utilizzo? E’ qui che vanno cercate le ragioni del movimento per l’anonimato in rete, un movimento che non si riduce, come si crede, soltanto a gruppi come Anonymous. Ci sono un’infinità di realtà in lotta per questo principio.
Insomma, la Rete non è un universo parallelo che ci viene calato dall’alto in nome della “democrazia”. Rendersene conto è un atto di realismo necessario, se si vuole lottare per un mondo diverso. Queste poche parole a video rimarranno frustrate, e sarà inutile riempirsi la bocca di parole come libertà, finchè non ci si impegnerà praticamente per cambiare le cose. Fuori e dentro Internet.
Neno
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