La speranza equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.

Palestina per principianti

Posted: Gennaio 14th, 2013 | Author: | Filed under: Recensioni | Tags: , , , , | 1 Comment »

Un titolo curioso, un protagonista insolito per un documentario, una prospettiva sulla questione palestinese decisamente originale.

Sono questi gli elementi cardine del documentario “Palestina per principianti – Educazione sentimentale di un bassista rockabilly”, diretto da Francesco Merini e distribuito da Mammut Film nel 2012. Il punto di vista è quello di Zimmy, bassista bolognese “dal culo pesante ma non un paraculo”, che proprio per quest’ultima sua caratteristica decide di seguire il suo gruppo musicale, i Lou del Bello’s, in un viaggio in Palestina, con lo scopo di insegnare musica ai bambini di un campo profughi di Betlemme. La prima cosa che Zimmy impara è che “in Palestina non si arriva in aereo”, primo sintomo dell’ingiustizia che permea il territorio palestinese. Dopo un primo contatto con i bimbi del campo, il bassista si lascia travolgere dagli incontri, dalle storie, dai luoghi di questa terra..

“Palestina per principianti” nasce da un affermazione nobile: i suoi protagonisti riconoscono che, al momento della partenza, non avevano una profonda conoscenza del conflitto israeliano-palestinese. Questo permette al documentario di rivestirsi di freschezza, adottando un linguaggio semplice ma incisivo, spogliandosi di buona parte delle preconoscenze storiche e politiche, solitamente considerate fondamentali per il genere documentaristico. “Non abbiamo puntato i riflettori sulla questione della guerra, ma abbiamo cercato di raccontare la dimensione umana della Palestina che abbiamo conosciuto”: queste le parole di Merini, riportate da Nena News.

Dal punto di vista tecnico, le inquadrature pulite offrono sguardi di Palestina spesso da angolature poco scontate (dal tetto di un ospizio austriaco, per esempio); la colonna sonora è sempre un efficace contrappunto all’azione narrata o descritta e la voce narrante del protagonista porta se non all’immedesimazione dello spettatore, alla sua piena empatia.

L’unico difetto riscontrabile nello svolgersi del documentario è l’offrire uno scorcio della realtà palestinese forse fin troppo ovattato, andando a sottintendere le difficoltà e i piccoli drammi della quotidianità, le violenze, il clima di tensione. La volontà di privilegiare la “dimensione umana” è sicuramente apprezzabile, ma il rischio è che l’osservatore principiante delinei nella sua mente un contesto di relativa positività che si discosti dalla realtà oggettiva.

Il documentario si rivolge a tutti: ai già interessati, ai più o meno esperti in materia, per concedersi uno sguardo, almeno una volta, ridente – ma non per questo superficiale – sulla questione palestinese; ma anche a coloro che siano completamente digiuni in merito, per poter dare un primo assaggio all’argomento.

Silvia Absa

Questo il sito del film